lunedì 23 gennaio 2017

La magia rivisitata nella saga fantasy Soluna : maghi, chierici, incantatori e druidi

Soluna è una saga che trae profondamente spunto dai classici canoni Fantasy.
Chiunque abbia goduto di grandi titoli per pc sul genere D&D ( Dungeons & Dragons ) come i celebri “Baldur’s Gate” o “Neverwinter Nights“ non riuscirà ad evitare di coglierne le evidenti analogie.
In un mondo immenso e variegato, si incontrano ambientazioni suggestive, popolate da creature classiche come umani, nani, draghi, ed elementi integralmente inediti (cito il barbiotto, una simpatica variante di coniglio molto amato da Lucritia e dagli stessi lettori ^_^ ).
Punto di grande interesse, pervenuto già dai primi commenti
sull’opera, è senza dubbio il tema arcano.
La magia difatti,
cardine portante della narrazione come per la celebre saga potteriana, in Soluna assume sfaccettature uniche.
Per meglio comprendere questo punto, sarà bene partire dalla
definizione di

Mago:
ogni essere detentore di un’anima, capace di estenderla e focalizzare
un effetto, che sacrifica in modo temporaneo la porzione eccedente per manifestare nella realtà una materializzazione.
Spieghiamo meglio il tutto, concedendo allo spirito di un qualunque individuo il valore numerico 100.
Il praticante arcano quindi, agendo sulla propria
concentrazione, si rilassa e diluisce il più possibile tale cifra, portandola progressivamente a divenire 110, 120, 130… e così via.
Raggiunta l’estensione desiderata, il mago dà inizio alla
fase successiva, soffermandosi sopra una definita materializzazione.

Gli elementi in Soluna
sono nove, sette ordinari (Fuoco, Acqua, Terra, Aria, Fulmine, Luce, Buio) e due divini (Vita, Morte).

I magicanti non possono accedere agli ultimi due,
prerogativa di chierici e divinità.
Con i restanti sette, però, riescono ad avere i più svariati
risultati, utilizzando precise immagini mentali facilitate dall’uso di antiche formule.

Ogni formula,
recitata in Soluna, trae origine dal celebre latino, differenziandosi però daesso grazie ad alcune varianti volute dall’autore.

Esclamare “Orbiam apparia“, tuttavia, non è necessario per
evocare una sfera di spirito, ma aiuta il mago neofita a puntare il proprio pensiero verso quella specifica focalizzazione.
Giunti a questo punto, quindi, la magia prende corpo ed
invade il mondo reale, sottraendo all’evocatore una porzione di spirito pari alla distensione esercitata.
Se, quindi, un globo spirituale viene focalizzato portando l’anima
da 100 a 120 (100 base + 20 estensione), il praticante arcano si ritroverà dopo con una cifra di 80 (100 base – 20 estensione).
Questo stress mentale si recupera poco alla volta e porta il
mago a spossarsi:
estendendo la propria anima ai limiti massimi (200 o più,
per la cifra soprariportata), il trauma successivo potrebbe indurre una paralisi spirituale, negando per sempre l’utilizzo magico, o addirittura uccidere.
Questo dettaglio è tenuto bene a mente soprattutto dagli
Incantatori:
essi si differenziano
dai consueti maghi per la capacità di incantare perpetuamente un oggetto o finanche un altro essere vivente, applicandoci glifi ad innesco e maledizioni.
Questa potente materializzazione però trasferisce in maniera eterna una porzione di spirito nell’incantesimo, sottraendo a vita la parte di anima utilizzata.
Gli incantatori, a differenza dei maghi, sono ben visti
nella società nobiliare di Soluna proprio grazie alle rispettive doti di incantare gli oggetti, conducendo la magia alla portata di ognuno.
Un incantesimo, affinché sia lanciato, richiede pronunce di
formule continue e un’emissione costante di spirito senza mai distogliere la mente dall’effetto voluto; questo processo, a volte effettuato in più persone e longevo anche alcuni giorni, nobilita gli incantatori a praticanti arcani di altissimo livello.
Ultimi, ma non per importanza nell’ordine sociale, sono
i Chierici:
la loro pratica
richiede l’allontanamento dall’ego, una mortificazione con successivo annichilimento dello spirito stesso.
Un sacerdote quindi, in maniera totalmente opposta ai maghi, prima di accedere ad un miracolo entra nello stato contemplativo della preghiera, pronunciando o semplicemente pensando a litanie, tramandate dagli stessi Dei ai propri avi.
Rinunciando ad ogni presunzione, il chierico accorcia la
propria linea vitale e lascia spazio alla divinità tutelare, facendo sì che essa riesca a manifestarsi attraverso le proprie spoglie.
Immaginando, ad esempio, che un adepto di Imago, dio delle
tenebre, voglia utilizzare il “miracolo di trasmissione del corpo attraverso le ombre”, egli prima si rivolgerà al divino, supplicando udienza mediante la dicitura comune: “Divuse Imago, ega alloquonum“ ( Divino Imago, io ti invoco…).
A questo punto, mentre il miracolo viene concretizzato, il
richiedente dovrà contrarre la propria anima a seconda dell’effetto desiderato, portandola da 100 fino al valore 80.
Con la litania “Tenebro trasmesso “, quindi, il dio Imago
potrà compiere il prodigio di far scorrere il corpo dell’invocatore come fosse ombra, travasando la propria aura divina dentro la porzione (100-80= 20) di spirito concessa.
Terminato il tutto, l’animo ritorna subito al valore
iniziale (100), permettendo al chierico, differentemente dal mago, di essere immediatamente pronto a nuovi miracoli.
Unica eccezione a questo si ha quando sacerdoti
particolarmente potenti concedono al proprio dio, oltre all’anima, anche tangibili porzioni del proprio corpo.
I miracoli conseguiti sono rapidi e devastanti ma, ultimato
l’utilizzo, lo stress fisico resta pesantemente per un tempo più o meno prolisso:
l’evocazione suprema di un sacerdote si consegue difatti
portando il valore della propria anima a 0.
Il divino di riferimento riesce così a manifestarsi
integralmente nella realtà, compiendo gesta prodigiose; al termine del miracolo, tuttavia, l’anima ripiegata eccessivamente non può più distendersi, causando la morte dell’utilizzatore.
Un sacerdote esperto,
simulando gli incantatori, può benedire ( o maledire) a tempo indeterminato luoghi, persone ed oggetti.
I chierici sono gli unici ad avere accesso a ciascuno dei
nove elementi, inclusi i due divini.
Nessun umano può comunque generare vita, ma in questo caso
vanno necessariamente citati i chierici fedeli a Ramio, divino della terra, noti comunemente come
Druidi:
essi sono gli unici
sacerdoti capaci di evocare, seppur temporaneamente, focalizzazioni animate.

Siano animali o piante, i druidi trasportano porzioni di
pelle o tessuto con loro e le toccano, pronunciando litanie, riuscendo così a ricreare esemplari in carne ed ossa.
Un druido, se benvoluto da Ramio, potrebbe evocare persino
altri esseri umani, ma tali miracoli, andando contro l’etica comune, sono vietati dalle leggi vigenti.

Marco Perrone



La Magia, cardine del romanzo Soluna, rivisitato in chiave inedita dallo scrittore Marco Perrone

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